domenica 21 novembre 2021

 In realtà questo è il libro che avevo letto per sbaglio  e che mi ha poi spinto alla lettuta dell'altro romanzo di Grossman: vi mando le mie impressioni e riflessioni, se avete voglia di leggerle!

“Sparare ad una colomba”                                di David Grossman

Settembre 2021

 

E’ una raccolta di discorsi e articoli vari, scritti o pronunciati tra il 2008 e il 2020, in occasioni diverse; i temi ricorrenti sono quelli della pace, sperata e mai raggiunta, della libertà, che per lui è strettamente legata ad una situazione di pace, la “situazione” (come lui chiama l’insieme dei problemi e degli eventi degli ultimi decenni) del popolo ebraico che non riesce a liberarsi del suo passato, che vive costantemente nel sospetto e nella paura, che non si sente mai completamente “a casa”, incapace di nutrire sentimenti di speranza nei confronti del conflitto che sembra ormai irrisolvibile con i paesi arabi. Uno dei suoi interventi inizia con il racconto della trama del suo romanzo “A un cerbiatto somiglia il mio amore”, in cui una donna, Orah, fugge da casa e intraprende un vagabondare senza senso perché follemente pensa che questo sia l’unico modo per impedire agli inviati dell’esercito di annunziarle l’eventuale uccisione del figlio, impegnato in una operazione militare. Mi ha molto colpito il fatto che proprio mentre lo scrittore lavorava alla stesura finale di questo romanzo durante la seconda guerra del Libano suo figlio fu ucciso; e lui racconta di come riprendere in mano quel libro, ricominciare ascrivere, sia stato per lui il modo per sconfiggere il dolore, per scegliere la vita. Per questo ho deciso di leggere “A un cerbiatto somiglia il mio amore”.

 

“A un cerbiatto somiglia il mio amore”             di David Grossman

ottobre 2021

 

Ho acquistato questo libro dopo ave letto che l’autore lo aveva iniziato a scrivere prima della morte del figlio e che, averlo ripreso e continuato dopo che il figlio era rimasto ucciso durante un’operazione militare, gli ha, in qualche modo, permesso di sopportare l’enorme dolore. La protagonista è Orah, madre di Ofer, un ragazzo che, nel momento in cui è stato finalmente congedato dall’esercito, chiede lui stesso di continuare a combattere, cioè continuare a rischiare la propria vita, partecipando ad una operazione militare pericolosa.  La madre, che aveva programmato una vacanza insieme per ritrovare una qualche intimità perduta con lui, è sconvolta e ferita da questa decisione, terrorizzata dall’idea di perderlo e, in modo del tutto irrazionale, decide di scappare dalla casa dove, con una ritualità crudele e spaventosa, potrebbero arrivare i militari addetti a portare alla famiglia la notizia della morte di un congiunto. In questa fuga assurda trascina con sé Avrom, suo antico amore, una specie di relitto umano dopo aver subito una terribile prigionia, che, scopriremo man mano che la storia procede, è il vero padre di Ofer. L’inizio del romanzo ci aveva mostrato in che modo, all’età di 16/17 anni, durante una degenza in ospedale il destino di Orah si era strettamente legato a quello di Avram e di Ilan, che diventerà suo marito e padre del suo primo figlio Adam. Gli eventi che riguardano la vita dei tre personaggi sono narrati in modo spezzettato, in un continuo e disordinato flash back, ed è compito, non sempre agevole, del lettore ricostruire la storia, incastrando e risistemando continuamente i tanti pezzi a formare un unico puzzle. Durante il lungo peregrinare senza meta, Orah racconta ad Avrom in modo minuzioso chi sia il figlio che lui ha rifiutato sin da quando ha saputo della gravidanza e di cui non conosce niente; il suo racconto, spezzettato e sofferto, denso di mille piccoli particolari e di squarci sulla vita della famiglia che lei ha faticosamente costruito con Ilan, vuole essere un modo per proteggere Ofer che lei sente sempre in pericolo. Mi ha colpito come la storia di questi personaggi sia strettamente interconnessa con la vita problematica di Israele: la sensazione di non sentirsi mai sicuri, mai “a casa”, mai in pace, l’odio misto a compassione per il nemico, l’orrore di sentirsi sbagliati, dalla parte del torto; sono temi che l’autore ha spesso trattato in altri scritti. Fa da sfondo una natura colorata, in fiore, popolata di animali e con splendidi paesaggi, ma anche disseminata di segni di guerra, di lapidi che ricordano i tanti giovani caduti.

sabato 20 novembre 2021

 

Riunione di Librità del 12 ottobre 2021

Sul terrazzo di Rita siamo Adriana, Anna, Giovannella, Letizia, Maria Paola, Matilde, Paola, Patrizia, Rita, Sandra, Zezè. Non sono potute venire Marta e Nilde, quest’ultima finalmente quasi in volo per la Danimarca.

Parte un accenno di discussione sull’eutanasia, ma poi passiamo ad altro e ci dedichiamo a stabilire il calendario delle riunioni del prossimo anno. Il criterio è la rotazione dei giorni della settimana mese dopo mese, escludendo sabato e domenica Eccolo:

Novembre – Mercoledì 24

Dicembre – Giovedì16

Gennaio – Venerdì 21

Febbraio – Lunedì 21

Marzo – Martedì 22

Aprile - Mercoledì20

Maggio – Giovedì 19

Giugno – Venerdì 17

Anna si è sbagliata sul titolo del libro di Grossman e invece de La vita gioca con me ha letto A un cerbiatto somiglia il mio amore. Anche Zezè si è sbagliata e di Marco Balzano ha letto invece che Quando tornerò, Resto qui. Quest’estate aveva bisogno di distrarsi e ha letto molti libri gialli. Il gruppo è diviso tra chi legge gialli e chi non li legge.

Rita e Matilde hanno letto o riletto Al giardino non l’ho ancora detto di Pia Pera, una scrittrice della quale molte di noi si racconta nel libro vincitore del premio Strega, Due vite, di Emanuele Trevi. Nel suo libro Pia Pera racconta del suo giardino e del tragico progredire della malattia, la sclerosi, che l’ha portata alla morte.

Matilde consiglia la lettura di un libro di recente pubblicazione che raccoglie gli scritti di Pia Pera pubblicati a suo tempo dalla rivista Gardenia.

A proposito di giardini

Zezè. se non ricordo male, sogna di una gita di tutte noi a Salerno, con visita al Giardino della Minerva. Nel medioevo fu un giardino dei semplici usato a fini didattici per gli studenti della scuola di medicina salernitana.

E Letizia ci informa che all’orto botanico di Roma adesso è permesso di fare picnic.

Rita. In primavera è da vedere il giardino giapponese.

Anna. Ci parla di Lignarius , un centro di ebanisteria e restauro in cui è possibile seguire dei corsi per chi vuole imparare queste arti. A proposito dell’Afganistan e dell’angoscia per la situazione di quel paese e delle sue donne, ha riletto Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini.

Paola. Vorrebbe tanto abolire quel che a volte si dice di alcuni libri “sarebbe stato meglio con cento pagine di meno”, forse le sembra una faciloneria, anche se deve ammettere che a volte ha un senso.

Trovo negli appunti, riferito a Letizia, e forse a questo mi riferivo io col discorso sulle cento pagine di meno “gli scrittori non hanno il coraggio di scrivere…” ma non sono capace di ricordare il senso di questo intervento. Scusami, Letizia.

Rita. Ha letto e apprezzato Canale Mussolini

Paola. Ha letto e apprezzato Mio fratello di Daniel Pennac nel quale libro sono citati numerosissimi brani del libro di Melville Barthleby lo scrivano

A questo punto Annamaria ci lascia, la scuola delle sue nipotine pratica ancora un “tempo corto” e qualcuno deve pur andarle a prendere. Prima di andare ha consigliato a Zezè, che al momento ha sete di gialli, Il richiamo del cuculo. E’ della stessa autrice che ha scritto Harry Potter, ma per scrivere gialli ha preso lo pseudonimo di Robert Galbraith.

Cominciamo a lanciare titoli da leggere per la prossima riunione:

Paola, Barthleby lo scrivano, Sandra, Le piccole virtù di Natalia Ginzburg, Giovannella, La strada del mare di Antonio Pennacchi.

Sandra. Ci dice che Cambiare l’acqua ai fiori le è piaciuto molto, secondo lei ha un taglio cinematografico, molte di noi però l’hanno già letto. Non è riuscita a finire La figlia unica, l’altro libro proposto per la discussione di oggi; se ricordo bene, perché la faceva star male.

Letizia. La figlia unica le è piaciuto molto: il taglio che riesce a dare dei vari personaggi, la descrizione dei tanti modi di essere madre, “il sentirsi madre anche se non lo si è”. Poi ha letto, sempre in tema di maternità, di Ashley Audrain, una scrittrice canadese, La spinta; è la storia di una madre che ha problemi con i figli. Inquietante, ma non un capolavoro.

Rita. Il più bello dei tre libri che erano in programma per oggi secondo lei è La figlia unica. Quasi inquietante la vicenda dei piccioni.

Patrizia l’ha trovato ben scritto, l’ha letto tutto d’un fiato.

 

Matilde. A “Che tempo che fa”  ha ascoltato la Litizzetto parlare del suo libro, nel quale racconta di un affido difficile di due  bambini, accolti da lei uno all’età di sette e uno all’età di nove anni, che hanno una madre vivente. La maternità non è una sinecura.

Rita. Sul libro di Grossman: il lager jugoslavo di cui racconta è vero, ed è bene averne avuto notizia. Trova però il libro ripetitivo.

Giovannella. Anche lei lo trova ripetitivo e trova faticosa la lettura dei doppi flash back.

Rita. Ha letto e le è piaciuto  La famiglia Moskat di Isaac Bashevic Singer, anche se lo ha trovato un po’ faticoso per il grande numero di personaggi.

Patrizia. Dovesse dare un consiglio di lettura non consiglierebbe il libro di Grossman.

Matilde. A proposito di Quando tornerò, racconta della signora filippina che lavora da anni in casa di suo figlio Gabriele: ha cinque figlie e le ultime tre (undici, sedici e diciotto anni) rimaste nelle Filippine con la nonna, è finalmente riuscita a farle venire in Italia a luglio; e con l’aiuto di Gabriele sono tutte e quattro in regola, vanno a scuola.

Giovannella legge l’intervento che Patrizia ha scritto per il nostro blog a proposito di questo libro e sullo spinoso problema delle badanti in Italia. Ne nasce una discussione sulla colpevolizzazione che questo problema crea a noi fortunate cittadine e cittadini del primo mondo, discussione  che è mi è difficile riferire, Forse posso sintetizzare così, sarò scusata spero se non riferisco esattamente: la colpa di queste situazioni è del sistema politico nostro e dei paesi da cui queste donne provengono, ma Patrizia in qualche modo pensa che  una responsabilità personale  in qualche modo l’abbiamo anche noi, mentre Giovannella lo nega e anche io forse sono d’accordo con Giovannella. Però è molto difficile non sentirsi in colpa nel passare indenni accanto a queste vite e alle altre terribili di ogni genere, alle morti nel mare e… numerare tutte le atrocità è impossibile.

Anna. L’ingiustizia è a monte, vengono perché hanno bisogno.

Patrizia. Bisogna battersi.

Paola. E’ un problema politico mondiale.

Zezè. Le migrazioni sono un prodotto delle disuguaglianze.

Letizia. Cita un’altra situazione molto triste: una signora ucraina                             con una figlia già adulta che ha dovuto lasciare i suoi bambini al paese; era molto triste e ora che ha fatto venire i figli in Italia è rinata.

Rita. Ai governi da cui provengono queste donne, questa forma di emigrazione conviene per via delle rimesse…

Patrizia ripete l’invito a scrivere sul blog le nostre impressioni sui libri che di volta in volta dovremo leggere, perché questo renderebbe più ricca e produttiva la discussione durante le riunioni.

Paola è molto d’accordo con lei.

Patrizia e Rita. Pensano che la conclusione del libro di Balzano sia che la protagonista che alla fine del libro torna in Italia per partecipare a un funerale, non tornerà più nel suo paese.

Anna legge uno scritto di una partecipante alla marcia della pace di Assisi, molto bello.