sabato 15 luglio 2023

"Maud Martha" di Gwendolyn Brooks

 Care amiche, questo libro mi è piaciuto molto e voglio condividere le mie impressioni con voi! Anna

L’autrice è una poetessa afroamericana che ha vinto il Premio Pulitzer per la poesia nel 1950; questo suo unico, meraviglioso romanzo è scritto in modo molto particolare, è composto da 34 capitoli, a loro modo apparentemente slegati gli uni dagli altri, ma che nell’insieme compongono un ritratto completo e straordinario della protagonista, Maud Martha, una ragazza di colore degli anni 40, cresciuta nel South Side di Chicago, che “voleva donare al mondo una Maud Martha buona”. Alcuni capitoli descrivono all’apparenza particolari insignificanti, i componenti della sua famiglia, il timore di perdere la vecchia casa, il modo in cui cerca di sistemare il piccolo appartamento dove va a vivere con suo marito, immagini di una vita ordinaria vissuta in un ambiente “grigio” e povero; altri capitoli raccontano episodi più importanti, l’incontro con suo marito e con l’amore, le sue “pagliacciate” che la fanno ridere, il momento in cui partorisce la sua bambina. Ci raccontano un ambiente che, attraverso la parola di una commessa, la disattenzione di un “Babbo Natale” nei confronti della sua bambina, gli sguardi che la fanno sentire un’intrusa, rivela la bruttura del razzismo, le difficoltà della sua vita, il cui squallore però non riesce a prevalere, non riesce a cancellare i sogni, la saggezza, l’umorismo, la dignità di questa donna. Sembra di vederla, con la schiena dritta, affrontare le volgarità e le bassezze, reagire ai “brandelli di odio”, affrontare la vita con allegria perché il sole splende, il cielo è azzurro e Harry, il fratello, è tornato dalla guerra e sta bene. Il linguaggio utilizzato dall’autrice è originale, poetico e allo stesso tempo diretto, nei piccoli particolari descritti si nascondono le verità più profonde.

 

 

 

mercoledì 18 gennaio 2023

                                     L' Antelma


L'Antelma,  nei pomeriggi d'estate sedeva con il suo gomitolo davanti alla porta di casa. Era il momento

del ' filos ' e le vicine la raggiungevano con le loro sedie e con, sempre, in mano qualcosa da lavorare.

Il marito, che faceva il sarto per uomo, restava chiuso nella bottega tutto il giorno, tranne durante i pasti

dove mugugnava un si' o un no, ma non era l'Antelma a domandare, era la figlia la Maria.

Il sarto solo la sera usciva e andava in piazza, al bar, dove, dicevano, era spiritoso con gli amici.

La Maria faceva tutti i lavori pesanti, il bucato la cucina puliva spazzava calava dalla legnaia, in soffitta,

i tronchetti di legno per la stufa, perchè l'Antelmina ,come la soprannominava la Maria, era debole di co

stituzione, così si diceva.

L'Antelma era molto religiosa, ogni mattina andava presto in chiesa a chiedere perdono o dirigeva il ro

sario, tra le vicine, nelle feste comandate.

Biascicava il rosario anche da sola, la figlia la sentiva dalla camera da letto.

Pareva avere un grande peccato da farsi perdonare come, disobbedendo alla regola cristiana di non ce

dere al promesso sposo prima delle nozze, non aver protetto il primo figlio morto in guerra.

Immaginava Dio con uno sguardo di rimprovero,sempre, anche lui immobile nel suo dolore.

Nel paese, un piccolo parco dove giocavano i bambini, apparteneva ai signori della villa che solo d'

estate vi si trasferivano dalla citta'.

L'Antelma sapeva ricamare e serviva a volte la signora della villa. Si recava in villa con i suoi rica

mi e si lasciava andare a parole di compiacimento  "come è bello questo mobile......e quel tappeto...

signora....." e pareva camminare più leggera per non turbare l'estranea armonia che sentiva intorno

a sé.

La sera spesso l'Antelma sedeva in un canto, vicino alla radio. Seguiva soprattutto le opere liriche e la

madama Butterfly era la sua preferita. In famiglia si sapeva di questa strana simpatia culturale e una

volta, il nipote Beppe che lei amava come un figlio, l'accompagno' in macchina fino all'arena di Verona 

per realizzare un sogno che l'Antelma neanche sapeva di possedere.

"  filos " usanza di paese per cui le vicine di casa, di pomeriggio,si riunivano con i loro lavori a maglia

o di cucito parlando di fatti del paese, conosciuti o supposti.

lunedì 25 luglio 2022

rispondendo all'invito di Paola, vi offro un mio piccolo commento a questo  libro. Anna

“La vacanza”                                                        di Dacia Maraini

Febbraio 2022

 

Un racconto volutamente sgradevole, ambientato nell’Italia del ’43 in un posto al mare vicino Roma dove due ragazzini, Anna e Giovanni, sorella e fratellino più piccolo, vengono portati dal papà per una vacanza: escono da un collegio di suore descritto in modo orrendo, come un posto chiuso e squallido, gestito da suore antipatiche e acide, dove i bambini soffrono la povertà del momento storico e risentono della solitudine, si intuisce che la madre è mancata e che il padre, un poveraccio con pochi soldi e poco senso paterno, li ha depositati là per incapacità affettiva e voglia di liberarsene. Ora ha un’amante, Nina, che li accoglie nella casa al mare, una donna provocante, ammiccante, che però forse in qualche modo mostra un certo affetto soprattutto nei confronti di Giovanni. I vicini di casa sono anche loro brutte persone, ambigue, squallide, anche ridicole, non c’è niente attorno che dia un’idea positiva, di serenità o di allegria. Anna, senza alcuna attenzione da parte degli adulti, si concede, apparentemente senza emozioni, a ragazzi cattivi e ad adulti fragili e viscidi; Giovanni, desideroso di compagnia, entra a far parte di un gruppetto di “amici” dove invece c’è solo prevaricazione e crudeltà immotivata come unico legame. Anche il paesaggio è brutto, sporco, squallido, anche gli elementi della natura, il mare la spiaggia le rocce, invece di essere rasserenanti sono inquietanti, mettono angoscia. Su tutto la guerra in corso crea un’atmosfera sospesa, di incertezza e pericolo, di mancanza di valori, senza speranze, senza una prospettiva per il futuro.

 

martedì 21 giugno 2022

 Vi offro qualche riflessione su questo libro che mi è sembrato necessario leggere, dopo lo scoppio dell'ennesima guerra! Anna

“Una persona alla volta”                                         di Gino Strada

Aprile 2022

 

Questo libro è stato pubblicato postumo, dopo la morte di Gino Strada avvenuta il 13 agosto 2021, prima dello scoppio dell’ennesima guerra, quella scatenata da Putin contro l’Ucraina il 24 febbraio 2022, che ci ha travolto con la sua stupida, orribile violenza e a cui lui si sarebbe ancora una volta opposto, ribellato. E’ la storia della sua vita, tutta dedicata a curare, ricucire, ricostruire quello che le guerre disfano, distruggono, rovinano; e lo ha fatto in qualsiasi parte del mondo, senza distinzioni tra buoni e cattivi, amici e nemici. Tutti i suoi interventi sono una denuncia che, nelle sue parole, appare di una logica e ragionevolezza assoluta, contro l’irragionevolezza, la profonda stupidità e immoralità delle azioni belliche, del produrre, commerciare, arricchirsi con le armi. Racconta come, dopo essersi laureato in medicina e chirurgia, lui nato in una famiglia molto modesta e semplice ma di forti valori morali, si sia appassionato al suo lavoro, in particolare alla chirurgia che rispondeva al suo bisogno di “fare”; come abbia iniziato a lavorare in paesi devastati dalla guerra. Il primo fu il Pakistan dove, vedendo e curando bambini feriti orribilmente, si convinse che la guerra colpisce soprattutto innocenti, soprattutto i più deboli. Ha girato il mondo portando ovunque la sua opera di ricucitura, di ricostruzione, di lotta non solo contro la guerra, ma anche contro le disuguaglianze che lasciano tante persone sole nella malattia, si è battuto perché cure gratuite possano essere un diritto anche nei paesi più svantaggiati economicamente, il “diritto di vivere”. Racconta la nascita di “Emergency” nel 1994, che da allora è presente in tutti i panorami più atroci, come il Ruanda durante il genocidio, l’Afghanistan delle infinite guerre, la Cambogia, il Perù.

Leggere la sua storia mi ha fatto pensare di non essere completamente folle e ingenua quando penso che la guerra fa schifo sempre e comunque, e ha confermato la mia fiducia nell’idea che esistono persone giuste e buone nel vero senso della parola, di “buona volontà”.

lunedì 21 marzo 2022

 Da Patrizia

Trovo difficile in generale il commento di un classico ed in particolare mi sembra che  questo romanzo si presti a  possibili differenti chiavi di lettura, ma, tenendo fede all'invito che faccio sempre a tutte, provo a scrivere qualche impressione.

La mia prima reazione nei confronti di questo testo è stata piuttosto critica, quasi di rifiuto, e, in risposta a Paola che me ne chiedeva il perchè, non riuscivo che a ricorrere a confuse motivazioni sul suo essere troppo "lontano" nel tempo. Poi la lettura ha cominciato a scorrere piacevole e veloce, nel gusto di una scrittura molto ricca e coinvolgente, direi notevole. Riflettendoci ora credo che il mio disagio fosse nell'impossibilità di "immedesimazione" e compartecipazione emotiva alla vicenda narrata.

Il romanzo, nella piacevolezza della scrittura e nella finezza delle notazioni psicologiche, ti trascina in un intreccio di piani narrativi differenti, in cui solo apparentemente le vicende sentimentali sono protagoniste.

Così la vita di una borghesia di provincia impegnata ad ostentare la propria ricchezza, di una nobiltà troppo assuefatta ai propri privilegi e al potere di controllo sul destino altrui, di un clero potente e lacerato da rivalità, che nell'uso del latino perpetua la propria supremazia culturale, prendono vita propria e delineano il quadro potente di un'epoca e di un momento storico.

Mirabile la descrizione della vita nel seminario, affresco di un ambiente chiuso nelle feroci e meschine lotte per l'affermazione!

Il giovane Sorel, in perpetuo tentativo di rincorrere le proprie ambizioni, diventa protagonista di implicazioni storiche, ideologiche, psicologiche e di costume, che, in situazioni complesse ed articolate, danno vita a verità universali.  Nella sua determinazione a guidare razionalmente il proprio destino, Julien si scontra con le proprie contraddizioni emotive, i giochi dell'amore e del sesso, un codice d'onore che prevede la sfida della morte per futilissimi motivi ed un'interpretazione della religione più legata alla secolarità di un ruolo che a motivazioni di fede.

Accanto ad un protagonista che punteggia di introspezioni e sottolineature psicologiche lo svolgersi delle proprie azioni, in continuo dialogo con il lettore, le due principali figure femminili, (a mio avviso, vengono relegate dall'autore nel loro ruolo di amanti irriducibili ed infelici, senza emergere a tutto tondo nella complessità del loro essere donna.


sabato 19 febbraio 2022

 Sandra

Oliva Denaro di Chiara Ardone

Il tema è coinvolgente ma non voglio ripetere quello che ha descritto b enissimo Anna.Il libro mi è piaciuto molto. L'abilità della scrittrice, con un linguaggio semplice e scorrevole, è quella di immedesimarsi totalmente in quella vicenda di paese, in una Sicilia ancora con strascichi di medioevo, di modalità di comportamenti arcaici, e Viola diventa Oliva ( o lo è stata ?).

Una sedicenne aperta ai sogni agli sguardi dei ragazzi che non accetta il rapimento la violenza come prezzo da pagare per il matrimonio, si rivolta contro le usanze del paese che la vorrebbero legalizzare e  cerca aiuto proprio nella legge!!!! Il rapporto con il padre, silenzioso e protettivo,  il linguaggio della madre che piano piano comprende il 'No' della figlia Infine il ritorno in paese dopo vent'anni, come risanata e appagata nel lavoro. L'ultima parte mi è sembrata un pò confusa rispetto alla linearità precedente, con quell'alternarsi tra l' ' io ' di Oliva e l'io ' del padre......

venerdì 18 febbraio 2022

 

Durante la mia lunga non so se vacanza o degenza in Sardegna, ho letto Quei laceri galloni d’oro, il libro scritto da Zezè sulle vicende della sua famiglia durante la seconda guerra mondiale.

Suo padre, ufficiale di marina, dopo l’8 settembre 1943 rifiutò – come la grande maggioranza dei militari italiani – sia di aderire alla Repubblica di Salò sia di lavorare per il Terzo Reich, e fu quindi imprigionato in Germania.

Sua madre, i suoi fratelli maggiori e lei stessa – allora piccolissima – si rifugiarono a Esperia in Ciociaria, nella casa della famiglia materna; lì subirono prima i bombardamenti alleati poi la liberazione da parte dei soldati marocchini – i cosiddetti Goumiers – comandati dal generale francese Juin; quei soldati approfittarono ampiamente della promessa, fatta loro dal generale, di 50 ore di razzia e saccheggio del territorio. Razzia e saccheggio che comprendevano la violenza su tutte le donne che non riuscirono a sfuggir loro. Questa vicenda avrebbe poi ispirato a Moravia il romanzo La ciociara e – come nota Zezè – se non ci fosse stato questo libro, sulla vicenda delle “marocchinate”(come furono chiamate le donne vittime della violenza dei Goumiers) sarebbe calato un silenzio ancora più pesante di quello che nel dopoguerra quasi la seppellì.

Mi scuso con quelle che hanno letto il libro, per queste righe di cui non avevano certo bisogno.

Ho letto il libro con molto interesse, in poco tempo come appunto i libri che interessano. E qui voglio notare una cosa che direi singolare, se non fosse che purtroppo la seconda guerra mondiale ne ha avute infinite di storie singolari e incredibili. La singolarità propria di questa storia però è che una sola famiglia, divisa da migliaia di chilometri, è stata coinvolta in due vicende collettive importanti e gravissime, diverse tra loro e che però hanno in comune una cosa: per molti anni sono state quasi dimenticate e oggi ancora non sono abbastanza conosciute. Per questo ha fatto bene Zezè a scrivere e comporre questo libro, troppe storie che ci farebbero scoprire un pezzo di mondo muoiono con chi le conosce e non le racconta.

mercoledì 16 febbraio 2022

 



Questo è il nuraghe che si trova ad Armungia, paese natale di Emilio Lussu, proprio nel paese. Il che costituisce una rarità  perché i nuraghe si trovano sempre in aperta campagna. All'interno dei paesi ce n'è soltanto altri tre in tutta la Sardegna. L'albero è un mandorlo in fiore.

 Voglio soltanto comunicarvi il mio entusiasmo per la lettura appena fatta di Marcia su Roma e dintorni di Emilio Lussu. Lussu racconta di come il fascismo si sia imposto in Sardegna e delle proprie vicende personali determinate dalla più generale vicenda politica. Sapevo da tanto tempo che questo libro esisteva, ma credevo si trattasse di un documento, di una testimonianza importante. Naturalmente è anche questo, ma è contemporaneamente un libro bellissimo, con una scrittura essenziale. stringata e spesso ironica che si legge senza tirare il fiato. Come documento mi ha fatto l'effetto che mi fece un anno fa la lettura di M di Antonio Scurati: scoprire che il fascismo è stato molto, ma molto, più feroce e sanguinario di quel che pensassi, non soltanto durante la repubblica di Salò ma sempre, fin dall'inizio, non soltanto con il delitto Matteotti e l'olio di ricino, ma con tantissimi altri omicidi commessi a sangue freddo spessissimo contro persone inermi. Però l'entusiasmo detto all'inizio è per la qualità letteraria del libro. 

                                                                                                                          Paola

seguendo il consiglio di Patrizia ho scritto qualcosa su "Oliva Denaro" subito dopo averlo letto, se vi va leggete!! Anna

“Oliva Denaro”                                                  di Valeria Ardone

Gennaio 2022

 

Un romanzo bellissimo, di un’autrice di cui avevo già apprezzato “Il treno dei bambini”; una storia ambientata in un minuscolo paesino della Sicilia degli anni 60, chiuso in una mentalità arcaica, dove l’ignoranza e la maldicenza dominano e definiscono i rapporti umani, dove le regole sono scandite dai detti della madre di Oliva: “la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia”, “i film fanno venire i grilli per la testa”, “adesso vedi di tenerti pulita”, “non correre”. Oliva è una ragazzetta di 15 anni che si fa subito amare perché tira pietre con la fionda per difendere il suo amico Saro, cerca lumache e dipinge di giallo il pollaio con suo padre, corre a scattafiato con i suoi zoccoletti, ama studiare e leggere, nonostante le proibizioni e le condanne più o meno velate dell’ambiente che la circonda, teme di diventare femmina perché dovrà difendersi dai maschi. Ai tanti personaggi meschini, vittime loro stesse della grettezza che le fa parlare e spettegolare, si contrappone la figura del padre di Oliva, un uomo che resiste alle angherie della moglie con il suo silenzio, che è legato alla figlia da un affetto profondo, che le sta accanto e le dà forza per prendere decisioni importanti e sofferte. La scrittrice ha un suo modo delicato, ma efficace di descrivere le ambiguità e le contraddizioni dell’attrazione tra i sessi, le “ragioni” di chi pensa di essere nel giusto quando impone l’amore con la violenza. Oliva, supportata dall’amica Liliana e dal padre, dice no all’abuso subito, si ribella ad una violenza sostenuta da una legge sbagliata e ne paga dolorosamente il prezzo. Man mano che gli eventi si svolgono anche il personaggio della madre (prima lo strappo e dopo la carezza) si evolve, se ne comprendono le fragilità, anche lei comincia a capire e a cambiare, si ritrova orgogliosa a fianco della figlia. L’ultima parte del libro, che si svolge nel 1981, ha un finale lieto, rasserenante; finalmente la lunga lotta, che aveva imposto un doloroso allontanamento dal paese e dai propri cari,  ha termine, Oliva riallaccia quei rapporti affettivi tanto dolorosamente spezzati, anche a livello politico qualcosa cambia, vengono finalmente cancellate le barbare norme che prevedevano il matrimonio riparatore e il delitto d’onore.

Il libro mi ha fatto riflettere sulla mia infanzia: sono nata a Catania in una famiglia siciliana, ma quando avevo tre anni ci siamo trasferiti a Roma e tornavamo in Sicilia solo per le vacanze estive, nel 1960 io avevo 12 anni, con le mie sorelle ci sentivamo “romane”, ci sentivamo “guardate” con una certa curiosità e interesse per questo, prendevamo un po’ in giro nostra nonna (che quando divenne più anziana venne a vivere con noi) per il suo accento e il suo dialetto, ci sembravano buffe alcune vecchie zie e alcune abitudini, ma non ho mai respirato quell’aria di oppressione che si sente pesantemente nel libro. Certamente la mia famiglia era di un’estrazione sociale e culturale molto diversa da quella di Oliva, mio padre, magistrato di Cassazione, autorevole e dolcissimo, di grande apertura mentale, non ha mai messo in dubbio che noi figlie dovessimo studiare ed essere economicamente indipendenti.